Nell’Unione europea gli edifici nuovi dovranno essere a emissioni zero entro il 2030 e gli edifici esistenti dovranno diventare a emissioni zero entro il 2050 con step intermedi per gli immobili residenziali: raggiungere la classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 e la classe D entro il 1° gennaio 2033.
È quanto prevede la bozza di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia che sarà all’esame della Commissione energia del Parlamento europeo il 9 febbraio 2023. Gli eurodeputati avrebbero dovuto esprimersi il 24 gennaio 2023, ma la data è slittata per consentire l’esame degli oltre 1.500 emendamenti presentati alla proposta della Commissione europea.
Il testo sul tavolo è quello scaturito dall’accordo di massima raggiunto nell’ottobre 2022 dal Consiglio europeo sulla base della prima versione della direttiva, presentata a dicembre 2021.
Direttiva efficienza energetica edifici, le proposte
Per quanto riguarda gli edifici nuovi:
– dal 2028, quelli di proprietà di enti pubblici dovrebbero essere a emissioni zero;
– dal 2030, tutti dovrebbero essere a emissioni zero.
Per gli edifici esistenti, gli Stati membri hanno convenuto di introdurre norme minime di prestazione energetica corrispondenti alla quantità massima di energia primaria che gli edifici possono utilizzare per m² all’anno.
Per gli edifici esistenti non residenziali, gli Stati hanno deciso di fissare soglie massime di prestazione energetica, basate sul consumo di energia primaria:
– la prima soglia fisserebbe una linea al di sotto del consumo di energia primaria del 15% degli edifici non residenziali che presentano le prestazioni peggiori in uno Stato membro;
– la seconda soglia verrebbe fissata al di sotto del 25%.
Gli Stati membri hanno convenuto di portare tutti gli edifici non residenziali al di sotto della soglia del 15% entro il 2030 e al di sotto della soglia del 25% entro il 2034. Tali soglie sono stabilite sulla base del consumo energetico del parco immobiliare nazionale al 1º gennaio 2020.
Nello specifico, la bozza indica che gli edifici residenziali e le unità immobiliari dovranno raggiungere almeno la classe energetica E entro il 1° gennaio 2030 ed almeno la classe energetica D entro il 1° gennaio 2033.
Per alcuni edifici, tra cui gli edifici storici, i luoghi di culto e gli edifici utilizzati a scopi di difesa, sarà possibile applicare eccezioni.
Le norme minime di prestazione energetica sono fissate sulla base della traiettoria nazionale di ciascuno Stato, in linea con la progressiva ristrutturazione del parco immobiliare per renderlo a emissioni zero entro il 2050, come indicato nei piani nazionali di ristrutturazione edilizia.
La traiettoria nazionale è il calo del consumo medio di energia primaria dell’intero parco immobiliare residenziale durante il periodo 2025-2050, con due punti di controllo per tenere traccia dei risultati conseguiti. Ciò al fine di garantire che il consumo medio di energia primaria dell’intero parco immobiliare residenziale sia equivalente almeno:
– entro il 2033, alla classe di prestazione energetica D;
– entro il 2040, a un valore determinato a livello nazionale derivato da un graduale calo del consumo medio di energia primaria dal 2033 al 2050 in linea con la trasformazione del parco immobiliare residenziale in un parco immobiliare a emissioni zero.
Edifici esistenti, classe energetica E entro il 2030
Nella bozza di revisione compare però un obiettivo intermedio per gli edifici esistenti: la classe energetica E entro il 2030.
Più restrittivo in termini di risultato ma con più tempo (per il non residenziale) a disposizione rispetto a quello ipotizzato a dicembre 2021 che prospettava l’obbligo di passare dalla classe energetica G almeno alla F, entro il 2027 per gli edifici non residenziali ed entro il 2030 per quelli residenziali.
Direttiva efficienza energetica edifici, le reazioni
Questa previsione, che potrà essere confermata nelle prossime settimane, ha scatenato reazioni politiche: “La casa è sacra e non si tocca”, è la reazione del capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera dei Deputati, Tommaso Foti. “Fratelli d’Italia mette in guardia dal tentativo dell’Unione europea di rifilare all’Italia una patrimoniale camuffata che va a ledere i diritti dei proprietari”.
“L’Europa – ha proseguito – non può scaricare sulle famiglie italiane i costi della transizione energetica. Se si esagera sulla sostenibilità ambientale, senza neppure preoccuparsi di una adeguata gradualità temporale entro cui intervenire, si mette a rischio la sostenibilità sociale”. Foti ha annunciato che il gruppo ha presentato una risoluzione in Parlamento per chiedere che il governo intervenga per scongiurare l’approvazione della direttiva.
“La nuova norma, pensata nelle stanze europee senza alcuna analisi dell’impatto sulle diverse nazioni – ha scritto su Facebook il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini -, avrebbe conseguenze drammatiche per il settore immobiliare del nostro Paese e per il patrimonio degli italiani. Tutti devono fare la propria parte per tutelare l’ambiente e rispettare il pianeta, ma non possiamo permettere questo stravolgimento, irrazionale e assurdo. Ci opporremo, nel nome del buonsenso e del realismo, come Governo ma soprattutto come italiani: la casa è un bene prezioso, frutto dei sacrifici di una vita, luogo di memorie ed affetti. Lo difenderemo ad ogni costo”.
Ma non sono stati solo i politici ad esprimersi sulla novità: secondo Ance, l’Associazione dei costruttori, “su 12,2 milioni di edifici residenziali, oltre 9 milioni non sono in grado di garantire le performance energetiche indicate dalle nuove direttive e soprattutto nei tempi brevi previsti” – ha detto la Presidente Federica Brancaccio in una intervista a Il Messaggero. Inoltre, secondo Ance, gli obiettivi prospettati dalla UE, sono “eccessivamente stringenti e con tempi troppo brevi” e difficili da centrare con il blocco dei crediti, le incertezze sui bonus e le continue modifiche normative.
I costruttori prevedono che la nuova direttiva costringerebbe, in Italia, a ristrutturare più di due case su tre. “Un cambiamento di certo non da poco e difficilmente sanabile senza una politica industriale di ampio respiro, con un sistema strutturale di incentivi mirati a coinvolgere la più ampia platea possibile”. Si tratterebbe di un processo ben più ampio di quello iniziato negli anni scorsi grazie al superbonus 110%.
“Un altro punto inopportuno della direttiva – secondo Ance – è l’introduzione del nuovo parametro di calcolo della prestazione energetica degli edifici perché non sarà più valutato, come oggi, solo il fabbisogno energetico ma anche il consumo dell’energia. Un metodo troppo influenzato dal comportamento degli utenti finali”. Secondo i costruttori, sarebbe opportuno invece mantenere un approccio legato solo al fabbisogno del fabbricato.
Nel dibattito è intervenuta anche Confedilizia, la Confederazione italiana della proprietà edilizia, che definisce la direttiva una ‘eco-patrimoniale europea’. “Se la proposta di direttiva non dovesse essere modificata nella parte relativa alle tempistiche e alle classi energetiche, dovranno essere ristrutturati in pochi anni milioni di edifici residenziali. Senza considerare che in moltissimi casi gli interventi richiesti non saranno neppure materialmente realizzabili, per via delle particolari caratteristiche degli immobili interessati”.
“Inoltre, i tempi ridottissimi determineranno una tensione senza precedenti sul mercato, con aumento spropositato dei prezzi, impossibilità a trovare materie prime, ponteggi, manodopera qualificata, ditte specializzate, professionisti ecc. Nell’immediato, poi, l’effetto sarà quello di una perdita di valore della stragrande maggioranza degli immobili italiani e, di conseguenza, un impoverimento generale delle nostre famiglie”.